A mia nonna Nicolina

Ricordi della mia infanzia riaffiorano nella mia mente; la tua immagine ribelle al trascorrere del tempo vuole tornare come era quella volta quando c'era ancora il nonno e tu eri felice. La vita e la sua cattiveria non è capace di distruggere i ricordi; li può alterare, ma alla fine seppur per una strada molto lunga essi ritornano al luogo d'origine. A te sono debitrice dei momenti fra i più belli della mia vita. Le campane del paese ieri sera suonavano a morto i rintocchi si confondevano fra le parole dei presenti ciascuno dei quali cercava di parlare più forte, per coprirli quasi che quei rintocchi serali avessero il potere di uccidere ma essi avevano solamente il potere di salutare. Quei rintocchi mi riportavano indietro di nuovo alla mia infanzia a ricordare le tue parole quando mi spiegavi che in paese era tradizione che le campane suonassero in una maniera triste quando moriva qualcuno. Ricordo che quando me lo dicesti eravamo in bicicletta e tornavamo verso casa, ricordo che pensai che le campane non mi sembravano abbastanza tristi per annunciare la scomparsa di una persona; dopo tanti anni quando suonavano per te ho pensato che è cosi' che dovevano suonare; dovevano essere un saluto. Spero che l'acqua del canale che irrigava ed irriga il tuo orto continuerà a scorrere per gli anni della mia vita, che questo mondo che comprendo sempre meno pur non essendo vecchia non porti via con le sue macchine, quel simbolo, il suono di quell'acqua non cambierà con il tempo ed esso avrà sempre il potere di evocare come fossero presenti, voci ed immagini di quel mondo che sorgeva quando ero piccola; di un mondo che in quella nicchia spazio temporale da te curata non mostrava nessuno dei suoi lati crudeli ma solo una vita di affetto e di amore. Tu appartieni a quel mondo come appartengono le dimensioni più autentiche della mia mente, di me stessa.

16 settembre 2003